15.1.13

la naia

Il servizio militare di leva e` stato in vigore in Italia dal 1846 al 2005 per 144 anni.

Per diverse generazioni la maggior parte dei giovani italiani e` stata obbligata a prestare servizio nelle forze armate per un periodo di diciotto poi dodici mesi (infine 10).
Si e` trattato di un  fenomeno sociale di vasta portata che ha avuto un impatto notevole nella cultura popolare italiana con innumerevoli racconti, romanzi, canzoni, film e fumetti; senza contare l`infinito numero di narrazioni orali che si trasmettevano spesso anche di generazione in generazione e ancora oggi qualunque italiano con piu` di 30 anni dopo un paio di bicchierini (a volte anche senza) appena appena incitato comincera` a sciorinare una serie infinita di aneddoti veri, falsi propri e altrui sulla famigerata naia.
E non poteva certo la naia mancare di contribuire generosamente al lessico italiano: con neologismi come naia, stecca, burba, gavettone, sbrandare, o nuove accezioni per parole di uso comune come nonno, borghese, sbrago, ministeriale.

Per definizione la naia era qualcosa di odioso, di negativo: una perdita di tempo e soldi per chi aveva gia` un lavoro (si c`e` stato un tempo in cui i giovani italiani entravano nel mondo del lavoro gia` a 18 anni!), causa di dolore, frustrazione per l`allontanamento dal primo grande amore o dalla famiglia, fonte di vessazioni e violenza subite soprattutto per i tipi un po` piu` sensibili, meno estroversi . Pero` poi,  a naia finita, dopo qualche anno, rimanevano indelebili ricordi soprattuto di grandi amicizie, cameratismo, avventure picaresche, "nuove eperienze".

Per molti la naia era un`occasione unica conoscere posti e genti e realta`nuove e tanto diverse da quella in cui erano cresciuti e alla quale quasi sempre sarebbero ritornati per passare il resto della loro vita. La vita militare improntata ad una disciplina e regole spesso ottuse e assurde costringevano i giovani ad elaborare nuove strategie mentali di difesa  sopportazione o reazione nei confronti del mondo della caserma che anche quando non era apertemente ostile era comunque duro, "maschio", "massiccio".
Molti erano consapevoli del lavaggio del cervello che inevitabilmente subivano e imparavano a combatterlo con ironia, aperta ribellione o pura sopportazione, alcuni invece cedevano e finivano per fare propri i valori istigati, magari non apertamente perche` atteggiamento socialmente stigmatizzato da parte dei camerati.
Alla fine l`anno di militare lasciava un segno in quasi tutti: si tornava a casa "cambiati", "uomini". Di fatto la leva ha rappresentato per quasi un secolo e mezzo il rito di passaggio all`eta` adulta per gli italiani maschi: si partiva ragazzi si tornava uomini che aveno mostrato di avere abbastanza "palle" per affrontare la vita da adulti che li aspettava.

Certo non tutti accetavano di buon grado il sacrificio di un anno di vita per la patria. Di fronte a qualcosa di obbligatorio che non porta nessun vantaggio materialmente apprezzabile spesso lo spirito italico dava prova della sua piu` grande qualita`: la furbizia.
Intere famiglie (capeggiate in questo caso dalle mamme) si mettevano all`opera: contatti, raccomandazioni, soldi, favori, malattie, tutte le carte a disposizione venivano giocate per evitare la leva e se non potevano avitarla che almeno fosse comoda: vicino a casa, un posto inboscato in qualche ufficio tranquillo, un "declassamento di quarta" che permettesse di evitare campi, esercitazioni, marcie e guardie.
La classica dicotomia italica: da un lato i furbetti che la fanno franca, dall` altro gli onesti che se lo prendono nel culo e marciano.

E pero`, un ricordo tra i tanti, l`ultima notte alla marcia dei congedanti ce n`era uno di questi furbetti che s`era passato quasi tutto il militare a casa tra congedi malattie e quant`altro, e marciava con noi che c`eravamo fatto un anno di botta ma poi mentre ci abbracciavamo lui piangendo ci ripeteva che avrebbe voluto passare l`anno con noi: aveva capito che per passare un anno a casa insieme a famiglia e ragazza avava comunque sacrificato qualcos`altro che avrebbe potuto essere ugualmente emozionante e importante.
Mi chiedo che tipo di italiano sia diventato.

Eccovi la canzoni Poggibonsi cantata da Milva con scene dai film "Marcia trionfale" e "Soldati 365 giorni all`alba", montaggio e incasinamento del sottoscritto.

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